Succede in Iran, paese che avrà un ruolo importante al prossimo Summit ONU sulla Società dell’informazione. Il giovane blogger aveva osato criticare il regime
(Fonte: Punto Informatico)
Quant’è bello vivere in Italia, dove non solo puoi scrivere quello che vuoi sul tuo blog (ovviamente nel rispetto delle leggi italiane), ma altri ” blog” (per modo di dire) si sentono autorizzati a prendere i tuoi pezzi, modificarli come gli pare ed attribuirtene onori (pochi) ed oneri (eventualmente molti).
Non voglio entrare sulla questione LiberoBlog perchè altri ne hanno già parlato diffusamente (colonna destra, i commenti al blog di DElyMyth sono proprio riguardo quest’argomento), ma voglio parlare di questo poveretto iraniano, chiamato Arash Sigarchi, che si è beccato 14 anni di carcere in direttissima, per aver (a detta del governo iraniano) “cospirato, spiato e vilipeso alcuni leader iraniani”.
Va da se che in realtà le accuse sono assolutamente ridicole, e che niente del genere sia stato effettivamente commesso da Arash.
E’ troppo frequente, ultimamente, osservare come alcuni paesi cerchino di imporre una censura fortissima su tutto quello che passa per la rete, limitando anche il “libero pensiero” dei “sudditi”.
Cina, Cuba, Corea, Tunisia, Iran sono solo alcuni esempi di questa “tirannia” contro la liberà di pensiero (e di parola), che commina carcere e punizioni corporali a persone colpevoli solo di aver avuto un loro spazio sulla rete, dal quale esprimere le loro idee (non necessariamente politiche, e non necessariamente contro il regime).
Ah… se pensate di andare in quei paesi e di essere al sicuro, perchè siete stranieri ed avete un blog su server fuori da quella giurisdizione… beh, lì mettono in galera anche se vi azzardate a mandare una mail “reazionaria” a vostro padre in Italia, descrivendogli cosa avete visto, da un Internet Cafù (ovviamente tutti sotto attento controllo da parte dello Stato).
Ho trovato poi (sempre nell’articolo di Punto Informatico) il link ad un sito, ovvero il “Comitato per proteggere i bloggers” (Committee to Protect Bloggers, in inglese), dove si può fare il punto su questo ed altri episodi di censura e/o prevaricazione ai danni dei bloggers.