Paradossi made in USA. Una sentenza sul DMCA stabilisce che gli interventi di assistenza tecnica possono violare brevetti e copyright
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(Fonte: Punto Informatico)
In pratica, ed in estrema sintesi, un’azienda di riparazioni e consulenza informatica è stata chiamata con urgenza per correggere un bug software di un’altra azienda.
I programmatori in questione, “smanettandoci”, hanno corretto il bug. Ora però rischiano di essere incriminati per pirateria in base al Digital Millenium Copyright Act (il tristemente famoso DMCA).
Commento di Giovy:
… e qui mi piacerebbe tanto sapere come la pensano anche tutti gli informatici (e non) lettori di questo blog.
L’argomento è controverso.
Se leggete l’articolo, infatti, pare che i programmatori di quest’azienda abbiano risolto il problema creando una patch che, caricata in memoria e scavalcando un algoritmo di protezione del software abbia risolto il problema.
Ok, il fine giustifica i mezzi, ma… a parer mio ed in fin dei conti quello che hanno fatto si chiama hacking.
Hanno fatto reverse engineering di un’applicazione terza per correggerla, e nonostante la loro azione sia stata espressamente richiesta dal cliente, loro non erano autorizzati a farla.
NON VOGLIO accendere flame o guerre di opinioni, mi interessa solo sapere come vedete la cosa.
E’ legale o no quello che hanno fatto?
Lasciamo da parte il fatto che sia giusto o meno (perchè è indiscutibilmente giusto, almeno dal punto di vista del cliente che chiede un prodotto funzionante e sicuro), ma il mezzo per giungere a tale scopo è giusto?
Ovvero: doveva essere la società produttrice del software (NON Open Source, ma protetto da brevetti e copyright) a patchare il problema (con i tempi biblici che tale azione avrebbe richiesto) o chiunque, in possesso della necessaria conoscenza, poteva intervenire con urgenza mettendo mano al codice?
Che ne pensate?