Buongiorno a tutti.
Stamattina ho da scrivere qualcosa di “particolare”, e che non viene direttamente da me.
Il mio compito (per preciso volere dell’autore) è quello di divulgare la sua storia, in modo che “il mondo” sappia cosa succede in paesi come la Serbia.
Lascerò il testo della sua (lunga, sappiatelo…) mail quasi invariato; per sua richiesta, eviterò di menzionare il suo nome completo, quello degli altri protagonisti della vicenda ed alcuni particolari di cui sono a conoscenza, perchè lui è ancora in Serbia, ed ha paura di eventuali ritorsioni.
Il testo è scritto in prima persona perchè indirizzato a me, ed eventuali mie modifiche/note/aggiunte saranno indicate in corsivo.
Ciao a tutti, questa mail è per raccontare una storia allucinante. E’ principalmente diretta a Giovanni, affinchè possa raccontare con il suo blog e tramite il mondo libero della rete diffondere un messaggio. (segue testo personale rimosso per privacy)
All’inizio di novembre come forse sapete già sono partito da Roma per venire qui a Belgrado a trovare la mia donna. Ho comprato un biglietto della (compagnia aerea) per un volo con scalo a (paese estero). Essendo già stato in Montenegro (che è lo stesso stato) con la carta d’identità non mi sono fatto molti problemi. Tuttavia c’è da dire che sono stato anche in Questura a (città dell’autore) a chiedere informazioni ed una persona molto competente mi ha detto che per Serbia e Montenegro non avevo bisogno del passaporto. Inoltre arrivato a Roma Fiumicino ho chiesto giusto per un’ulteriore sicurezza ad una hostess molto competente della (compagnia aerea) se c’era bisogno del passaporto. Ed ovviamente mi ha risposto che non ce n’era bisogno. Quindi sono partito alla volta di (scalo intermedio), dove uno steward della (compagnia aerea) mi ha controllato i documenti (carta d’identità valida per l’espatrio) non trovando nulla da eccepire, e mi ha fatto passare. Alle 12.15 mi sono quindi imbarcato per Belgrado dove sono arrivato alle 14.00 circa. Sbarcato dal velivolo mi sono recato al controllo documenti dove sono cominciati i miei problemi. Qui infatti la polizia di frontiera mi ha detto che non potevo passare con la carta d’identità e che quindi dovevo tornare indietro. Io ho ovviamente detto che ero già stato nel loro paese con la carta d’identità e che quindi una cosa del genere era impossibile. Per tutta risposta mi sono sentito rispondere che in Montenegro la polizia non rispetta la legge e che quindi l’errore era stato causato dalla mia disinformazione (per fare un esempio è come se in Italia entri dalla Val d’Aosta e ti chiedono la carta d’identità, mentre entrando dalla Sicilia ti chiedono il passaporto). Comunque nonostante il disappunto per il biglietto perso, ho chiesto di poter comprare un biglietto per ritornare a casa. Ed a questo punto mi sono reso conto di che cosa significhi essere in un paese dove la legge la fanno i babbuini: il bellimbusto della frontiera infatti mi ha risposto che non potevo ritornare con un aereo diverso da quello con cui ero arrivato. E qui ho iniziato a sudare un po’ perche ho capito di essere nei guai. Ho chiesto allora molto gentilmente un modo per poter risolvere la cosa in maniera veloce e indolore. Ho dato loro il nome e cognome della mia ragazza e gli ho detto che mi stava aspettando oltre la “barricata”, sperando che lei potesse in qualche maniera aiutarmi a risolvere la questione. Anche qui ho sentito un leggero malessere poichè, dopo averla chiamata e averle detto come stavano le cose (tutto ciò senza tuttavia poterla vedere), ho realizzato che nonostante tutto non c’era nessun modo per lei di aiutarmi a uscire dall’impiccio. A questo punto parlare di malessere vorrebbe dire non esprimere a dovere la sensazione. Una giusta espressione sarebbe aver realizzato di essere nella merda fino al collo. Tuttavia, avendo dei genitori a cui voglio un bene dell’anima ed essendo mio padre cardiopatico non ho voluto chiamare casa per non farli spaventare. Ho quindi preferito far risolvere il problema a V. (questo è il nome della mia ragazza) tramite il suo avvocato e le sue conoscenze. Tuttavia dopo un paio di ore avevo gia iniziato a perdere le speranze. Per tutta risposta mi hanno condotto in un area dell’aereoporto dove portano le persone con problemi simili al mio (per intenderci una cella per i rifugiati dell’Onu che loro chiamano molto simpaticamente “Transit Area”) e mi hanno chiuso in questa cella senza darmi una spiegazione. Quando mi hanno rinchiuso ho provato una sensazione che spero di non riprovare mai: essere privato della liberta per non aver commesso alcun reato.
In quel momento mi sentivo come il personaggio de Il processo di Kafka. Ho iniziato allora una raffica serrata di telefonate con V. per vedere a che punto era la situazione e per spiegarle dove mi trovavo. Tra i suoi pianti e i miei sudori freddi abbiamo cercato di contattare l’ambasciata per vedere se con il loro aiuto era possibile uscire da questa spiacevole situazione. Purtroppo l’ambasciata era già chiusa e non sono riuscito a contattare il numero di emergenza (non ho tuttavia intenzione di criticare queste persone poichè il loro appoggio nel giorno successivo è stato importante e perchè dopo quello che mi è successo, apprezzo lo stato in cui sono nato nonostante tutti i disservizi e le magagne, poichè in confronto a questo governo (quello serbo) è oro colato). Quindi mi sono messo l’anima in pace e mi sono preparato ad affrontare la notte consapevole che non c’era nessuno in grado a quell’ora (le 18.00 circa) di risolvere la situazione. Ho chiamato mio padre per fargli sapere che ero arrivato e che stavo bene, nonostante una serie di piccoli problemi burocratici mi avesse impedito di superare la frontiera. La verità è che non volevo farli preoccupare, quindi ho mentito dicendo che mi tenevano in una stanza all’interno dell’aereoporto dotata di tutti i comfort (e ovviamente di cibo e di acqua). Perchè la cosa piu bella (per modo di dire) è stata che queste grandissime teste di cazzo mi hanno tenuto chiuso là dentro non dandomi da bere per oltre 10 ore e non dandomi da mangiare per quasi 20 ore nonostante io li implorassi per avere dell’acqua. Il loro spasso più grande deve essere stato rispondermi ogni mezz’ora di aver già chiamato il catering, già in viaggio per portarmi tutto il necessario. Per tutta la notte l’unica persona che mi ha tenuto compagnia mandandomi dei messaggi, evitando di farmi impazzire è stata V. che non mi ha mai lasciato.
Al risveglio (se tale si può chiamare dopo una notte insonne) la mattina ho sentito che c’era un volo Alitalia per Roma e ho implorato il mio carceriere di farmi comprare il biglietto ma non c’è stato verso. A questo punto non ce l’ho fatta più e ho ceduto chiamando mio padre e spiegandogli tutta la situazione. Nel frattempo però V. ha chiamato l’ambasciata e io ho richiamato mio padre per rassicurarlo sulle mie condizioni e per non farlo preoccupare. Da quel momento infatti ho stabilito un filo diretto con gli uomini del consolato, i quali sono stati disponibilissimi e gentilissimi, portandomi da mangiare e da bere e facendomi vedere V. per dieci minuti. Mi hanno rassicurato dicendomi che sarei ripartito alle 14.00 per l’Italia con lo stesso aereo dell’andata. E qui finisce la mia disavventura.
La cosa piu triste che ho capito in questa storia è che non conta se il governo sia di destra o di sinistra quanto il fatto che continuando a fare queste cosiddette “missioni di pace”, buttando bombe su paesi che non ci hanno fatto nulla di male e uccidendo uomini donne e bambini come se fosse un videogioco, non fa nient’altro che aumentare la lista dei nostri nemici, alimentando sempre piu l’odio fra i popoli. Perchè in effetti non esistono missioni di pace quando i
nostri militari sono armati con armamenti d’assalto, elicotteri, carri armati e portaerei. Questa si chiama guerra e non esiste una guerra di pace. Dovremmo essere degli uomini d’onore e combattere solo per la difesa delle nostre famiglie e delle nostre case. L’unica guerra giusta è quella che noi facciamo per difendere le persone che ci vogliono bene. Io nonostante tutto sono riuscito a comprendere il loro comportamento anche se non l’ho condiviso e l’ho ritenuto ingiusto. Ma voi pensate che sia possibile per loro perdonare ciò che abbiamo fatto? Io non credo sia umanamente possibile.
Comunque sono felice sapendo che ci sono delle persone che mi vogliono bene. E’ tutto ciò di cui ho bisogno.
Vi ringrazio del vostro appoggio. Ci sentiamo presto.
Termina qui la mail di F., che adesso è ancora in Serbia (ci resterà fino a fine dicembre), con la donna che ama.
Il mio “compito” era di farvi sapere e termina qui, quindi lascio a voi la parola per eventuali commenti.